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FUORI delle RIGHE

spogliato

Il cuore di Dio - Fil 2,6-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.


Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, Il Figlio è partecipe del Padre, la loro comunione è perfetta e totale, ma Dio è anche il punto di partenza di una storia di amore. La storia di amore e di relazione che è iniziata nella creazione è una storia lunga in cui l'uomo è coinvolto, cercato da Dio e fatto partecipe. Dio si è fatto compagno di strada dell'uomo ed è diventato il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; il Dio di Mosè e il Dio d'Israele; il Dio dell'uomo. Ma l'uomo non lo ha capito in profondità ed ha cercato altre strade, percorsi alternativi, altre storie. L'amore di Dio allora si è chinato su quest'uomo che vaga lontano da lui su strade di fallimento.

ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
Gesù, con un atto pienamente libero, lasciò ciò che era suo, abbandonò il mondo di Dio per raggiungere pienamente il mondo degli uomini. Il verbo svuotare e la distanza tra condizione di Dio e condizione di servo ci racconta il mistero, il progetto della incarnazione ed il percorso che Gesù ha iniziato fino a raggiungere l'uomo nella sua realtà storica.

umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Il mistero della incarnazione raggiunge il suo livello più basso, la libertà di Gesù lo ha portato alla umiliazione più profonda; la sua obbedienza raggiunge la morte stessa dell'uomo. L'obbedienza, qui più che essere rivolta al Padre sembra essere a se stesso, alla sua volontà di alienazione per raggiungere l'uomo nel suo fallimento più totale. La morte di croce esprime l'aberrazione della condanna di chi non è più degno neppure di essere considerato uomo e di convivere nel consesso umano.

L'umanità di Gesù è rappresentata nuda, in tutta la terribile crudezza della morte, nel suo smarrimento, nella sua impotenza. Fin qui giunge lo scandalo dell'amore di Dio per noi.

La contemplazione della morte di Gesù è stata rivestita di devozione, di commozione e buoni sentimenti quasi a volerne nascondere lo scandalo, a cancellare la somiglianza alle molteplici morti a cui l'uomo è condannato e a cui si condanna quando la prepotenza e la presunzione di giustizia porta al fallimento del convivere umano. La nostra esperienza umana ha nel profondo di questo abisso il punto di incontro con Dio.


Per questo Dio lo esaltò La risposta di Dio alla alienazione dell'uomo è il suo innalzamento. Dio lascia la libertà dell'Ubbidiente di svuotare se stesso fino a toccare l'abisso della storia, per poi esaltarlo al di sopra di ogni altro nome. Non pensiamolo come premio per la compiutezza dell'obbedienza ma la continuità del dono di amore.

e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

É l'amore di Dio per l'uomo che in Cristo Gesù è sollevato dal suo abisso di fallimento. Ogni ginocchio e ogni lingua ci dona una afflato universale di questa Parola, il richiamo di Isaia (45,23) ci ricorda che la salvezza raggiunge i confini della terra e coinvolge ogni uomo portando all'ultima conseguenza il mistero della incarnazione.

Il nome di Gesù esprime la concretezza della sua umanità e la solidarietà con l'uomo; il nome di Cristo ci dice la sua missione di consacrato, inviato da Dio per la salvezza di questa umanità; Signore esprime la sovranità e coniuga l'umanità al cuore di Dio.